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QUIRINO E LA CAIMANA - Indicatore Mirandolese

QUIRINO E LA CAIMANA

La chiamavamo “La Caimana” perché aveva un po’ di peli sul viso e con noi era sempre cattiva. Gestiva una locanda cittadina e quando vi si svolgevano feste, matrimoni, battesimi eccetera, alla fine noi ragazzi ci presentavamo sempre a chiedere qualche dolce avanzato, ma lei ci cacciava e se aveva una scopa a portata di mano, ci inseguiva con quella.

Noi allora, per rappresaglia, cominciavamo a gridarle «Caimana, Caimana» e lei si infuriava sempre di più. Un giorno mentre stiamo giocando a nascondino, arrivano due mantovani, uno dei quali ci chiede dove sia la casa di tolleranza a Mirandola. Ci guardiamo in faccia e anziché spiegare loro la strada per la casa chiusa, li indirizziamo alla locanda della donna, spiegando che devono suonare il campanello e chiedere della tenutaria che si chiama Caimana.

Quelli, tutti soddisfatti, ci pagano anche il gelato per ringraziarci delle esaurienti informazioni. Li seguiamo a distanza. Arrivati alla locanda suonano il campanello.La Caimanaapre loro la porta. «Ci hanno detto che il casino è qui. Quanto si spende?» le chiedono. La donna li fissa. «Aspettate un minuto che vi mando due belle signorine» risponde loro. Torna “armata” di un secchio d’acqua che rovescia addosso ai due malcapitati, inseguendoli poi con la scopa.

La storia si ripete qualche mese dopo, ma le vittime sono stavolta due turisti tedeschi. Arrivati a Mirandola vengono verso di noi e ci fanno capire di voler mangiare e dormire. Siamo un bel gruppo: io, Franco, Pericle, Germano, Francesco, Ugolini, Rino, Carlo e Giordano Trentini eccetera. Diciamo loro che conosciamo un posto in cui si può mangiare bene e spendere poco. Li indirizziamo ovviamente alla locanda della donna, facendo loro capire che la titolare è molto sorda, ma che suonando il campanello numerose volte, avrebbe aperto la porta. Ci raccomandiamo però di chiamarla ad alta voce. Arrivati davanti al locale i due turisti cominciano a suonare con grande insistenza, gridando nello stesso tempo: «Caimana, Caimana».

Finalmente si apre una finestra. I tedeschi fanno un bel sorriso che viene spento dalla secchiata di acqua gelida che arriva sulle loro teste, mentre la donna inveisce contro i turisti, augurando loro: «un cancar sech a tut du (un canchero secco a tutti e due)». Noi naturalmente ce la diamo a gambe. Corriamo a casa, saliamo i soliti 28 gradini, apriamo la porta di casa e ci troviamo di fronte nostra madre: «An du siv a sta fin adesa uatar du? (Dove siete stati fino ad ora voi due?)». «Lè so a sugar (Giù a giocare)» ci giustifichiamo. «Bene, andate subito a letto senza cena». Insomma era sempre la solita storia, quando non c’era nulla da mangiare. Però eravamo belli e magri!

 

 

Quirino Mantovani

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