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UNA DITTA RIFATTA COME I LEGO - Indicatore Mirandolese

UNA DITTA RIFATTA COME I LEGO

Come smontare l’azienda pezzo per pezzo e ricomporla, neanche si trattasse di un puzzle, nel giro di tre giorni. Sembra una battuta, ma alla Dimar di Mirandola lo hanno fatto veramente. «A seguito della prima scossa  si sono ribaltati computer e scaffali ma dopo il 29 maggio il complesso di capannoni che ci ospitava è stato dichiarato inagibile» informa il titolare Maurizio Borsari. Cosa fare a quel punto?

Dopo una riunione informale fra i dipendenti si decide che non c’è tempo da perdere. Il materiale viene posizionato su 180 pallets, caricato su Tir e portato in altri stabilimenti della zona dove sia possibile continuare la produzione. Gli uffici invece trovano posto in due container collocati a pochi passi dalla vecchia sede. Ecco che, a tempo di record, il 7 giugno la Dimarha già recuperato l’80% dell’“operatività”.

Durante l’estate fa molto caldo e, nonostante la presenza dei climatizzatori, nei due container la temperatura non scende sotto i 32 gradi. Il risultato è che i dipendenti vanno a lavorare in canottiera e infradito, con un look che non potrebbe essere più balneare.  Con l’arrivo della stagione più fredda, si pone il problema di un ulteriore trasloco e, a partire dal 1° dicembre, gli uffici sono  trasferiti in viale Gramsci n. 239.

Una parte del personale si sposta ancora oggi fuori Mirandola, raggiungendo il luogo di lavoro con un furgone messo a disposizione dalla Dimar. L’emergenza può dirsi in parte risolta ma sicuramente l’azienda sta attraversando il periodo peggiore dalla fondazione avvenuta nel 2002 ad opera dello stesso Maurizio Borsari. Che ha operato da sempre nel settore biomedicale: fino al 1999 all’odierna Covidien poi, per un triennio, alla Starmed. Qui si è sempre occupato dei dispositivi che servono per la respirazione artificiale, in particolare la “ventilazione non invasiva”.

Che si differenzia da quella “invasiva” perché le apparecchiature (caschi, maschere ecc.) rimangono esterne e non entrano in contatto diretto con il paziente. Ciò provoca la riduzione pressoché totale del rischio di infezioni da intubazione, la possibilità di effettuare il trattamento in tutti i reparti ospedalieri (non soltanto quindi in rianimazione e terapia intensiva) e, in futuro, anche a domicilio, pur se per periodi limitati nel tempo.

Se si aggiunge che i costi per la degenza negli ospedali si riducono di quasi il 75% (500 euro nei reparti normali  invece dei 2.000 al giorno della rianimazione/terapia intensiva), si capisce bene che la ventilazione non invasiva non possa che rappresentare il futuro rispetto a quella invasiva. E si comprende altrettanto bene perché alla Dimar (il cui acronimo significa Dispositivi Medicali Anestesia e Respirazione) abbiano deciso di puntare su questo tipo di settore. Ma il problema principale per chi opera nel settore sanitario è proprio «quello della mancanza di liquidità – sostiene Borsari – essere pagati (quando succede…) dagli ospedali e dagli enti pubblici a 180, 270 giorni o addirittura due anni di distanza, significa mettere in grossa difficoltà le imprese che devono comunque sostenere il costo dei dipendenti e dei fornitori».

Poi non bisogna stupirsi se il mercato mondiale del biomedicale è invaso dai prodotti asiatici che hanno un prezzo basso e un livello qualitativo altrettanto infimo. Oltretutto, da quando la spendig review ha colpito anche la gestione degli ospedali, guidati da personale amministrativo che poco o nulla conosce delle esigenze mediche, la tendenza si è ulteriormente accentuata. Ad una situazione già di crisi, nel mirandolese  si sono aggiunti i problemi legati al terremoto.

Per le imprese della zona si tratta di combattere su più fronti: l’andamento economico internazionale sfavorevole, la ricostruzione, la forte concorrenza globale. A tutto questo si deve aggiungere che gli ospedali non fanno sconti alle imprese del territorio colpite dal terremoto, per cui ci si trova a competere con i concorrenti a livello mondiale che hanno il vantaggio di non essere stati danneggiati, de-localizzati o costretti a lavorare sotto ad una tenso-struttura.  «Occorre continuare a produrre con standard qualitativi uguali se non superiori e contemporaneamente mantenere attivi i laboratori di ricerca e sviluppo; in questo settore, chi si ferma è tagliato fuori.

Difficile poi, se non impossibile, recuperare» aggiunge il titolare della Dimar. Per questo la nostra zona ha mostrato, ancora una volta, l’alto livello di eccellenza che da sempre la contraddistingue e che ha portato le multinazionali a ricercare tecnologia, qualità ed innovazione nel nostro territorio. Ognuno deve però fare la sua parte e «lo Stato, inteso come governo nazionale, non può essere, qui da noi, un semplice esattore delle tasse ma deve anche investire» conclude Maurizio Borsari.

Giovanni Moi

 

 

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