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QUEL GUERCINO CHE NON T'ASPETTI A FINALE EMILIA - Indicatore Mirandolese

QUEL GUERCINO CHE NON T’ASPETTI A FINALE EMILIA

Tra i paesi della nostra zona, Finale Emilia è certamente il maggiore collettore, con le sue numerose chiese, di dipinti di artisti importanti della storia dell’arte emiliana, sia di ambito ferrarese che modenese e bolognese, annoverando tra le presenze Scarsellino, Guercino, Bastianino, Cignani, Crespi. Non potendo trattare di tutti voglio soffermarmi su Guercino e sulla pala d’altare da lui dipinta per la chiesa del Seminario, dove tuttora si trova, raffigurante San Lorenzo in adorazione della Vergine col Bambino.

L’opera fu commissionata all’artista dal finalese Giovan Battista Mirandello per l’altare di famiglia e venne realizzata nel 1624 al ritorno dal soggiorno romano del Guercino. Qualche nota biografica e critica a questo punto è necessaria. Il Guercino nacque a Cento nel febbraio del 1591 col nome di Giovan Francesco Barbieri. Mostrando fin dall’infanzia un’inclinazione per la pittura, i genitori lo misero a bottega da un modesto pittore, per poi farlo entrare in quella più qualificata di Benedetto Gennari.

La rivoluzione artistica attuata dai Carracci a Bologna e volta al superamento del Manierismo per mezzo del ritorno a un attento studio del vero, fu il punto di partenza da cui mosse il Guercino nella sua maturazione artistica. Del resto un’opera importante di Ludovico Carracci era visibile a Cento “La Sacra Famigliacon San Francesco” sulle cui novità formali il giovane artista si esercitò ampiamente. Grazie all’amicizia col padre Antonio Mirandola, canonico di San Salvatore a Bologna, Guercino ottenne, poco più che ventenne, la sua prima importante commissione per Cento.

Presto la sua fama giunse anche nella vicina Bologna, dove trovò il favore del cardinale Ludovisi, arcivescovo della città, favore destinato a fortunati sviluppi e qui lasciò nella chiesa di San Gregorio “La Vestizionedi San Guglielmo” punto d’arrivo della prima fase della sua carriera artistica. L’opera, come altre giovanili, è caratterizzata da forti chiaroscuri e macchie di luce e dal dinamismo delle figure. Nel 1621 partì per Roma chiamato dallo stesso cardinale, diventato nel frattempo papa col nome di Gregorio XV; su sua commissione affrescò i soffitti del Casino Ludovisi e dipinse un grande quadro per la basilica di San Pietro “La Sepolturae assunzione in cielo di Santa Petronilla”.

La morte del papa (1623) segnò la fine delle ambizioni romane del Guercino che rimpatriò a Cento, aprendo una fiorente bottega dalla quale uscivano opere per importanti committenti. Successivamente al rientro romano iniziò un mutamento graduale nel suo stile, che lo avvicinò progressivamente al classicismo di cui aveva visto tanti esempi a Roma e comportò l’abbandono dei forti chiaroscuri delle sue prime opere a favore di colori più chiari e di una forma più rigorosa. Lavorò poi al Santuario della Ghiara di Reggio Emilia, nella cattedrale di Piacenza e per gli Estensi a Modena e a Sassuolo. Nel 1642 si trasferì a Bologna, dove dominerà la scena artistica lasciata vuota dalla scomparsa di Guido Reni e dove morirà nel 1666.

Il dipinto di Finale Emilia si colloca nella prima fase di questa transizione verso il gusto classicista romano: influenze del soggiorno nella capitale si notano tra l’altro nella citazione di elementi antichi, come l’anfiteatro che occupa il paesaggio nello sfondo e la colonna corinzia che introduce la scena a destra, la luce fa emergere gradatamente le figure dalla penombra, portando l’attenzione sull’intimo dialogo di sguardi tra la Madonnae il Santo, mentre i colori rosso e blu del manto di San Lorenzo e della Vergine dominano la composizione. Il dipinto uscito indenne dal terremoto del 2012, è stato recuperato dalla chiesa del Seminario e sarà esposto fino al settembre di quest’anno alla mostra “L’arte nell’epicentro. Opere salvate nell’Emilia ferita dal terremoto” presso il Museo benedettino di Nonantola. Conclusa l’esposizione è prevista la sua ricollocazione nella chiesa finalese, che è stata riaperta al culto.

 

Simonetta Calzolari

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