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COLPI DI REMI NELLA NEBBIA DI CHIUSI - Indicatore Mirandolese

COLPI DI REMI NELLA NEBBIA DI CHIUSI

Un giorno incontro per strada Renzo Frassoldati che mi chiede quando torniamo al lago di Chiusi (Siena) nel quale siamo stati un paio di mesi prima a pescare. «A go voia d’andar fora di pe (Ho voglia di andare fuori dai piedi)» dice.

Ci mettiamo d’accordo sul periodo in cui effettuare la trasferta e poi telefono all’albergo “Il pesce d’oro”, prenoto una camera e mi raccomando di prepararci una barca e i permessi per pescare. Partiamo alle 5 di una mattina di settembre. Dopo aver caricato in auto il materiale, passo a prendere Renzo, sempre puntuale, che mi sta già aspettando da un quarto d’ora davanti a casa sua. Il viaggio procede tranquillo e ci fermiamo a fare colazione in un autogrill sull’autostrada.

Arriviamo a Chiusi, dove troviamo una nebbia fittissima, cosa mai accaduta in precedenza. Ci rechiamo in albergo, dove il proprietario ci consegna i permessi di pesca e la chiave della catena che tiene legata la barca. Lo salutiamo e ci dirigiamo spediti verso il lago. Carichiamo canne ed esche sulla barca e iniziamo a remare. La visibilità è molto scarsa, al massimo dieci metri, ma sono pratico della zona e so che per arrivare dall’altra parte occorre circa mezz’ora. Continuiamo a remare, ma la riva non si vede. Una nebbia fittissima avvolge il lago come in un bozzolo.

Finalmente scorgiamo due sagome confuse nella bruna. Ci avviciniamo per chiedere informazioni. Sono anche loro pescatori, soltanto che mentre li stiamo raggiungendo, ci rendiamo conto di essere tornati al molo dal quale eravamo partiti. Io e Renzo ci guardiamo in faccia. Ci facciamo una bella risata e via di nuovo. La fumana non si alza, ma stavolta dopo circa mezz’ora riusciamo a raggiungere la parte opposta del lago, dove incrociamo di nuovo i due pescatori di poco prima. Ci allontaniamo per non “farci concorrenza”, gettiamo l’ancora e cominciamo a pescare.

Si alza la nebbia e riesco a capire dove siamo esattamente. Issiamo l’ancora e ci spostiamo ancora un po’, posizionandoci nel punto migliore. Sulla barca non ci sono sedie, ma per sedersi, sono state collocate due asce messe di traverso. La pesca procede bene, quando all’improvviso si sente un forte rumore. Mi giro spaventato, Renzo, a forza di girarsi, è caduto sul fondo della barca, dove è rimasto incastrato. Mi metto a ridere. «Dai, an far minga al sumar, tiram su (Dai, non fare lo sciocco, tirami su)». Lo prendo per un braccio e comincio a tirare, ma Renzo pesa quasi cento chili e non riesco a muoverlo. Gli dico di collaborare, minacciando di abbandonarlo sul fondo della barca.

Dopo vari tentativi, quando comincio a disperare, riesco a muoverlo. Renzo si solleva a fatica, sbuffando e ansimando. Sistemiamo l’ascia e riprendiamo la pesca. Peccato però che Renzo non riesca a stare fermo. Torna a muoversi e agitarsi finché cade di nuovo. Per fortuna però, non si incastra. «La prossima volta prendiamo una sedia a sdraio con un due morsetti e una corda con cui legarti» lo minaccio. La giornata trascorre senza più incidenti. Ritorniamo al molo, puliamo il pesce e ci facciamo una doccia e finalmente a tavola, dove nessuno batte Renzo! La pesca è uno sport salutare, si sta all’aria aperta e si fanno tante amicizie. In Toscana, Marche e Umbra, poi, ci sono decine di bellissimi laghi, collocati in paesaggi veramente suggestivi.